Lettura delle opere di Piergi
Il pittore Piergi esprime, attraverso la pittura, il suo animo artistico e tormentato.
La pittura diventa per lui un mezzo attraverso il quale legge la realtà, le persone, gli ambienti, i colori.
Le “NATURE MORTE” nascono come sviluppo degli studi pittorici effettuati in compagnia del maestro Felice Casorati e dell’amico Francesco Tabusso: nell’osservare le Nature morte di entrambi, si possono infatti scorgere alcuni elementi comuni, come la scelta dei frutti o dei colori (per esempio le sfumature di verde) e gli studi sulle profondità e sulla tridimensionalità della frutta.
Le opere in cui Piergi si esprime maggiormente sono sicuramente i “VOLTI”, gli “AUTORITRATTI”, le “MASCHERE”, i “PERSONAGGI INVENTATI”: si ripropongono spesso signori elegantemente vestiti, con camicie a collo alto, che quasi nascondono il mento e alcuni tratti delle forme del volto.
Questi personaggi esprimono la sua personalità introversa, la diffidenza nei confronti dell’altro, la necessità di apparire sempre in ordine, con capi ricercati ma sempre in una sorta di isolamento interiore dove i pensieri sono celati, a protezione di una personalità sensibile quanto fragile e dunque da proteggere.
Tra le maschere predilige le figure del mimo e del pagliaccio con il cappello ed occhi a volte senza pupilla, vuoti, nonostante i colori forti e sempre diversi. Alcuni volti sono tristi, altri sembrano dipinti con gli occhi di un bimbo, tale era la sua purezza nei confronti della realtà e dei sentimenti sinceri che lo animavano e lo spingevano ad esplosioni di colori con forti contrasti, mai comuni e mai prevedibili.
Qualsiasi oggetto animato o inanimato poteva costituire un’occasione di studio sulle espressioni, sulle ombre, sulle emozioni. A tal proposito e in maniera del tutto originale, Piergi sceglie di ritrarre alcune “BAMBOLE” e “BAMBOLOTTI” della figlia, nel suo intento di esprimere le forme e l’essenzialità di queste creature, in apparenza inespressive eppure con sguardi viventi, assenti o pensierosi.
Tantissimi i “PAESAGGI” con casette che lui stesso costruiva con il cartoncino e che poi assemblava in maniera sempre diversa, per creare nuovi accostamenti di colori e luci, cieli viventi emozionali, poco azzurri e molto rossi, verdi, blu, con tante sfumature.
Il paesello con poche case e talvolta anche con poche finestre, esprime perfettamente la sua lettura personale della vita: l’essenziale, un luogo dove riposare, dove raccogliersi con la famiglia, un luogo di protezione, dove poter essere sé stesso, con i propri interessi, la propria curiosità, il proprio amore per la vita; nella semplicità che sempre lo ha distinto nel suo percorso di ricerca e di riflessione interiore.
a cura della figlia Ravinale Claudia